domenica 30 maggio 2010

1994: metal reloaded, vol. 2

Coroner, Clockwork (1994). Un altro "divine step". A due anni di distanza dal tanto spiazzante quanto fantastico Grin riecco a voi una delle band più geniali e sottovalutate non solo del pianeta Metal, ma secondo chi scrive di tutto l'universo musicale: i Coroner sono tornati e ancora una volta ci spiazzano con un disco che è si metal, ma in quale tipo di genere dovremmo infilarlo visto che qui siamo a qualcosa di unico? Quale band metal fino ad ora ha osato tanto nell'introdurre pezzi strumentali a base di synth e in qualche caso anche infarciti di batteria elettronica? Forse dovremmo definire il loro genere semplicemenrte col nome della band, Coroner Metal, per via di quella unicità che sta facendo di questo trio il gruppo metal sicuramente più sperimentale ed interessante degli ultimi 7-8 anni. Violento e meditativo, atmosferico e brutale, "Clockwork" prosegue sulla strada già aperta dal precedente Grin per quanto riguarda sperimentazioni e intermezzi strumentali (qui presenti tra quasi tutte le canzoni).

Dopo una breve intro che ricorda quella che precede "Divine step" dall'album Mental Vortex, è subito energia, violenza, chitarre "loopate", riff spezzati quasi a strizzare l'occhio alla musica elettronica (a proposito: se potete procuratevi di questo CD la versione giapponese, dove come bonus track insieme a "Purple Haze" del grande Jimi Hendrix, troviamo un piccolo gioiello: un'incredibile remix di "Grin". Sembra di ascoltare un pezzo dei Kraftwerk se fossero stati una band davvero incazzata!).

Nemmeno il tempo di respirare, dopo questo uno-due iniziale e dopo mezzo secondo siamo già immersi nel muro sonoro di "Shifter". Tra questi due brani non ci sono intermezzi, e credo di capire perchè: i nostri tre in questo caso non hanno voluto spezzare la tensione aperta dal primo brano. Ma dopo sarà un alternarsi di intermezzi strumentali ad altri capolavori partoriti dalla testa di Tommy T. Baron e splendidamente supportati da Ron Royce al basso e da un precisissimo Marquis Marky alla batteria. Tra i pezzi strumentali segnalo S.W.A.T, che al sottoscritto ha fatto venire i brividi: un riff alla T. Baron ma fatto col synth e quella che presumo sia una drum machine per la parte ritmica. In sottofondo rumori urbani, polizia che insegue, voci nervose. Tra gli altri bellissima "Push" e "Killing Time", dove si trova una delle migliori aperture arpeggiate di sempre del buon Tommy. Unico neo, come sempre: la voce di Ron Royce. Ma riuscite ad immaginare una voce diversa dalla sua nelle canzoni dei Coroner?

È presente inoltre un brano diviso in due parti distinte: "Golden Cashmere Pt. I e II", molto diverse tra loro. Tanto violenta, pesante e brutale la prima quanto lenta, cupa e meditativa la seconda. Se in essa fossero presenti parti loopate e effetti synth direi che questa canzone sarebbe la perfetta sintesi di questo disco. Ah, non cercate la versione in vinile: non esiste. Solo CD o cassetta.

In conclusione: siamo davanti ad un altro "Divine step", un altro passo evolutivo del trio elvetico, e di livello come sempre eccelso. Quale sarà il loro prossimo step? Non mi stupirei se un giorno ci trovassimo in mano un loro prodotto dove i synth prenderanno il sopravvento. E, in fondo, lo spero tanto.

SCRITTO DA TRAVELLER

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